domenica 18 ottobre 2009

Sospiro

Certi
dolori
non
hanno
voce.

sabato 17 ottobre 2009

La salita di Abramo sul monte Moria: un vangelo scomodo

Dio disse ad Abramo… “Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te”. (Genesi 17.7)

Il Signore disse ad Abraamo… “Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE? Al tempo fissato, l'anno prossimo, tornerò e Sara avrà un figlio.” (Genesi 18.14)

Promesse di benedizioni. Promesse di gioia, speranza, visione. Promesse eterne. Dio un giorno bussa alla porta del nostro cuore e ci fa toccare il cielo con un dito attraverso le sue parole. E poi Isacco arriva. Arriva davvero. E allora il paradiso scende in terra. Allora sperimenti il Dio delle meraviglie. Lo tocchi con mano. Piangi. Ti commuovi. Godi delle sue benedizioni.

Ma poi di colpo…nel bel mezzo della festa…quelle cinque parole taglienti…parole che ti tagliano le gambe…ti tolgono il fiato…ti piegano in due…

DIO MISE ALLA PROVA ABRAAMO.

Dio disse… “Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va' nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò” (Genesi 22.2).



Una frase del genere e la tua vita finisce. Non ha più senso.

Il figlio della promessa, il figlio del miracolo…basta. Tutto finito. Và sacrificato e la volontà di Dio non può essere contestata. Abraamo si incammina. Non ha neanche la forza per parlare. Sembra un robot che senza cuore esegue freddamente un ordine. Cammina per 80 Km. Le sue gambe tremano, ma non forte quanto il suo cuore. Il sudore cala dalla sua fronte e si mischia con le lacrime incessanti. Rabbia, confusione, voglia di urlare. Ma che razza di Dio stai servendo Abraamo? Ma sei sicuro che sia proprio Dio a chiederti di fare questo? Come può Dio chiederti di compiere un omicidio? Dov’è finito il Dio dell’Amore? E perché mai ti dona un figlio miracolosamente e poi te lo toglie? Perché? Perché? Perché?

Isacco parlò ad Abraamo suo padre e disse: «Padre mio!». Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?» Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto». E proseguirono tutti e due insieme. (Genesi 22.7-8)



L’innocenza di questo figlio così amato aumenta il dolore straziante di Abraamo. Un dolore vissuto nel silenzio. Certi dolori non hanno voce. Sono i dolori dell’abisso. Nessun orecchio umano è in grado di percepirli.

Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio. (Genesi 22.10)



Ed ecco l’obbedienza. La fede cieca. Signore io non capisco ma mi fido di te. Signore io non vedo più niente, sono nel buio, ma tu sei la mia luce.

Il monte Moria è una tappa d’obbligo nel cammino cristiano. Ci sei tu, Dio, l’altare e la cosa a cui tieni di più al mondo stretta tra le tue mani. La stringi come un padre stringerebbe suo figlio pochi istanti prima di morire. E lì non c’è spazio per pensare. Lì non c’è posto per i compromessi o le trattazioni. Non è il momento per fermarsi, tirarsi indietro, dubitare, è il momento di crescere, di dimostrare a Dio chi vive realmente al centro del nostro cuore.

Cosa c’è sul tuo altare oggi? A cosa ti sta chiedendo di rinunciare Dio? Qual è la cosa che non riesci a donargli? Quale rinuncia stai rimandando da tempo? In quale area della tua vita non gli hai mai consentito l’accesso? Il tuo carattere, il tuo orgoglio, il tuo lavoro, i tuoi studi, le tue relazioni, le tue amicizie, i tuoi sentimenti, le tue ferite, il tuo passato, la tua mancanza di perdono, i tuoi vizi nascosti, una promessa che tarda ad arrivare, il tuo ministero…

Iavè-Irè. Dio provvede.

Dio provvede. Sempre. Nel migliore dei modi. Molto meglio di quanto tu sogni. Di più. Di più. Di più.

“Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano”. (1 Corinzi 2.9)

«Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s'impadronirà delle città dei suoi nemici. Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce». (Genesi 22.16-18)

Quando smettiamo di lottare con Dio e ci arrendiamo alla sua volontà allora Egli può intervenire con potenza nelle nostre vite ricolmandoci di benedizioni, moltiplicando all’infinito ciò che tenevamo stretto tra le mani, trasformandolo in qualcosa di veramente prezioso.

Dio, donami la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio per cambiare quelle che posso e la saggezza spirituale per distinguere le une dalle altre…(R. Niebuhr).

La solitudine del pagliaccio

"Il cuore conosce la propria amarezza, e alla sua gioia non partecipa un estraneo"
(Proverbi 14.10)

Notte fonda. Cala il sipario.
La messinscena è finita: basta con gli accorgimenti, le finzioni, gli artifici, la commedia. Della vita.

Bianco o Augusto che tu sia, hai ricevuto approvazione.
Il grande pubblico.
Il grande applauso.

Niente più risate, schiamazzi e nasi rossi.
Vuoto, solo vuoto, solo e vuoto. Solo.

I muscoli della tua faccia non seguono più i tuoi ordini e continuano a farti sorridere.

Eppure il sipario è calato.
Lutti o feste possono riempire la tua giornata ma non possono rimandare lo spettacolo.
Tu devi salire su quel palco. Non importa quanto sia arduo.

Ambasciatore del sorriso, la pausa della tua solitudine è terminata.
Si riapre il sipario.

Sei nel silenzio

Dio gli disse: «Va' fuori e fermati sul monte, davanti al SIGNORE».
E il SIGNORE passò.
Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al SIGNORE, ma il SIGNORE non era nel vento.
E, dopo il vento, un terremoto; ma il SIGNORE non era nel terremoto.
E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il SIGNORE non era nel fuoco.
E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso.

(1 Re 19:11-12)

Non sei nel vento impetuoso.

Non sei nel terremoto.

Non sei nel fuoco.

Sei nella dolcezza di questo sommesso silenzio.